sabato 1 ottobre 2016

Quale PD a Monreale? Un gruppo tutto da comprendere.




Penso sia il momento di innescare alcune riflessioni sulle vicende che hanno sino ad oggi travagliato il primo partito al governo della città di Monreale. 
Noi tutti sappiamo che oggi una scissione si è realizzata anche attraverso un atto di forza del primo cittadino che ha indotto il segretario del PD a fare delle scelte ovvero a decidere non facendole (questa lettura dipenderà dai punti di vista soggettivi) 
Non voglio cercare di schierarmi, ma cerco solo, oggettivizzando al meglio, di sviluppare una tesi utile a  comprendere quali fenomeni ci siano in atto e chi stia coerentemente cercando la strada del bene comune.

Ricordo un PD il cui proposito era di riunire il meglio delle esperienze storiche di matrice socialista con quelle del riformismo laico e in cui per la prima volta la scelta e l’impegno, in forme collettive, hanno liberato uomini e donne della tradizione cattolico-democratica e cristiano-sociale dalle riserve e dai condizionamenti del passato, consentendo loro di agire in un ambito politico insieme a quanti vengono da culture diverse. 
Questa sinistra, in questa città, è diventata forte allorquando ha smesso di essere solamente maschile, quando ha esaltato le soggettività  e ha cercato di esprimere un disegno propulsivo volto a creare un nuovo patto di cittadinanza sociale. 

In questi giorni mi sarei aspettato una maggiore forza da parte degli apparati provinciali e regionali per respingere l’offensiva di un pensiero povero, pseudo liberista che pretende di abbandonare il partito alla deriva dei rapporti di forza (e questo assunto non vale solo per una delle possibili fazioni, ma per entrambi). 

Prendo spunto dalle riflessioni di Alberto Asor Rosa (critico letterario, scrittore, politico e docente universitario n.d.r.) per parafrasare un suo pensiero e calarlo nel nostro contesto sociale: la deregulation (nell’agire politico) il “laissez faire” lo scatenamento delle forze è un costume cui maggiormente la Destra opta “naturaliter”. La Sinistra è invece il “governo del conflitto” di una società altamente conflittuale e non organica. 

Negli ultimi anni, aldilà delle trasformazioni a carattere nazionale, la natura intrinseca e l’offerta politica hanno scarsamente disegnato il profilo politico strategico di questa formazione politica che ha spesso adagiato le proprie sorti a quelle del sindacato confondendo funzioni e ruoli e nella ricerca di imitare modelli di attrazione più che di partecipazione. 

Perché allora una lista civica e un primo cittadino creano così scompiglio? 
Mi viene da pensare che il ruolo guida del partito sia venuto meno in quanto le prerogative e le istanze interne non siano mai state tali da imporsi nello sviluppo programmatico della giunta, presi dal gioco delle parti, sotto la spada di Damocle delle emergenze e per l’assenza evidente di un tavolo tecnico di riflessione meramente politica. 

Sono convinto che nell’azione di governo debba restare la “vis”  tipica dell’opposizione per sforzarsi di ragionare a distanza e con spirito critico. 
L’area di  sinistra e il PD avrebbero dovuto farci percepire la città come il luogo di nuovi spazi strutturati di incontro e scambio culturale, fattore propulsivo di un grande disegno volto a modernizzare la città nelle funzioni e nella interazione sociale. 

Di questo sistema esistono le basi (già solidissime) nella ricchissima gamma delle esperienze del volontariato, dell’associazionismo, della cooperazione sociale che potrebbero innescare politiche economiche efficaci all’interno di un vero e proprio mercato sociale in grado di generare servizi, occupazione, promozione di responsabilità e forme di autogoverno. 
Questo partito avrebbe dovuto indicare all’amministrazione il quadro degli interventi necessari per creare nuova occupazione e sviluppo, ad esempio, attraverso l’adeguata valorizzazione dell’impresa locale. 
Poiché oggi il modo migliore di fare sviluppo è riuscire a mantenere le soglie di occupazione. Penso a progetti di salvaguardia ambientale, di recupero del patrimonio storico-architettonico, di risanamento territoriale.

Resta il fatto che invece abbiamo due fazioni che dicono simultaneamente di avere titolarità a gestire il simbolo e il nome del partito e di seguito a prendere decisioni con il primo cittadino. 
Questa è una situazione imbarazzante e al tempo squallida, che getta ombre sugli attori del Partito Democratico e offusca la credibilità agli occhi dell’intera cittadinanza. 

Auspico intervento della Dirigenza perchè riesca a fare chiarezza sui ruoli e in merito alle specifiche appartenenze, tali da non essere più dettate dal possesso di una tessera, ma dall’agire politico e dal senso di responsabilità verso gli elettori che hanno sposato un progetto e espresso un atto di fiducia.


Uno dei banchi di prova sarà il prossimo Consiglio Comunale e giusto di fronte a questioni importanti e sostanziali come l’approvazione del Bilancio testeremo il grado di coerenza politica e sociale dei singoli soggetti politici.

sabato 5 marzo 2016

Cittadini di una SimCity



Non siamo i cittadini di una SimCity, ma persone che non possono essere subalterne alle estemporanee sortite di chicchessia.

Una città è un complesso e delicato organismo composto da relazioni socio economiche che abbisognano di cura, di estrema attenzione , di affinamento delle strategie politiche che abbiano ben visibili indirizzi di medio e lungo periodo. 
Negli ultimi sette anni nei centri storici delle medie città c'è stata una forte riduzione di negozi tradizionali, solo parzialmente attenuata dalla crescita del commercio ambulante (nel periodo 2008/2015 a Palermo il dato registra un -18,4%)

C'è, dunque, un concreto rischio di vedere una desertificazione commerciale dei centri storici da arginare per non creare disagi ai residenti e per rivitalizzare queste aree creando una maggiore coesione economica e sociale. 

Una strategia a livello nazionale esiste: guidare il commercio e le Amministrazioni comunali a una maggiore e migliore progettualità per utilizzare di più e meglio i fondi della Programmazione europea 2014-2020.
Sono concetti già più volte ribaditi dalle analisi sia di Confcommercio, Unioncamere che di ANCI. 
E hanno portato ad un progetto denominato UrbanPro: «Patto per le città» sottoscritto da ANCE,
Unioncamere, Consiglio Nazionale Architetti e Confcommercio che ha dato vita ad incubatori di facilitazione delle trasformazioni urbane.

Esiste un accordo per modificare i Piani Regolatori, favorire processi di rigenerazione urbana e
rivitalizzazione economica; si punta alla Valorizzazione dell’Agenda Urbana Europea e alla  Costruzione di una visione formativa nuova, condivisa con leFacoltà di ingegneria e architettura italiane
A tutto c’è un perché. E leggo la nascita di questa associazione di commercianti come un germoglio di questo cammino.

Non ho mai  sentito parlare di UrbanPro dai miei referenti politici locali, non ho mai letto un documento e una dichiarazione programmatica che mi riagganciasse a questi concetti. 
Quando poi registriamo evasive risposte del politico di turno che afferma di “aver già risolto o discusso il problema” restiamo basiti.
E mi permetto di mettere il dito sulla piaga su questioni a dir poco banali: se scendete verso Palermo trovate i ragazzi buttati su un lembo di marciapiede ad attendere il bus e non certamente seduti su una “civile panchina”, se saliamo le gradinate del parcheggio possiamo imbatterci su ambulanti abusivi e turisti poco accorti che si fanno male a causa di basole fatiscenti, per non parlare di una raccolta dei rifiuti ancora da terzo mondo.
Non mi meraviglio nemmeno quando poi invece di pagare un parcheggio per contribuire alla gestione della città, vengo “invitato a fare un obolo” al parcheggiatole abusivo di turno che impiega il suo tempo a guardare la mia autovettura ogni giorno. 

La gente ha voglia di reagire, ha voglia di risposte, perché la politica è quella dei fatti e non della virtualità di un social o delle risposte dal tono propagandistico pre elettorale.
Siamo stanchi perché si cerca la concretezza e l’ordine ed invece abbiamo una macchina che funziona male anche a causa di un motore (burocratico e dirigenziale) statico, poco motivato, impreparato, stanco, rilassato, su  cui lo stesso livello politico non arriva più ad intervenire data l’assoluta autoreferenzialità che negli anni è stata assunta. 

Potrei dirvi della profonda relazione tra l’anima di una città, l’urbanistica, il commercio, l’indotto turistico e la visione  di uno sviluppo sociale, ma siccome confido nella vostra intelligenza lascio a voi le dovute conclusioni. 


Mi auguro solo che questi coraggiosi e tenaci commercianti possano contribuire alla rivitalizzazione di una cittadina sempre più statica con interventi piccoli che siano in grado di creare condivisione e mistione delle competenze anche senza un appoggio “politico”. 

venerdì 19 febbraio 2016

La discarica di Zabia, emblema del problema dell'inquinamento a Monreale

Stiamo producendo e immettendo nella biosfera una quantità immensa di molecole artificiali, trasformiamo interi ecosistemi (micro)biologici e virali, e l’uomo ha ampliato la gamma delle fonti e forme di energia radiante.
 "Parlare di ambiente e salute significa in primis cercare di valutare quali possono essere gli effetti bio-molecolari di questa trasformazione, che da alcuni decenni mette sotto pressione l’intera biosfera e in particolare l’assetto genetico ed epigenetico degli organismi superiori. Sarebbe importante riconoscere che per valutare correttamente l’impatto biologico (e quindi sanitario) dell’attuale modello di sviluppo non si può prescindere da una cornice bio-evolutiva di lungo periodo e da una riflessione più complessiva sul rapporto, in via di vertiginosa trasformazione, tra uomo e ambiente".

Queste le parole degli studi di Ernesto Burgio che parla da tanti anni di una Pandemia Silenziosa che sta divorando l’uomo a causa della sua stessa irresponsabilità e incoscienza rilanciata anche dall’allarme dai ricercatori della Harvard School of Public Health.

Siamo sottoposti ad un vero bombardamento di “nuove” molecole biocide: erbicidi, antibiotici, anticrittogamici, che stanno alterando equilibri prodottisi in miliardi di anni.

Massimizzando il problema abbiamo da una parte un Inquinamento atmosferico e dall’altra di Filiera Alimentare e tutto questo si trasforma in una esposizione ad un inquinamento sempre più capillare (e progressivo) che provoca ad oggi un aumento di patologie di circa un 30-35% 

Gli esempi inquietanti di questa pandemia, colpevolmente sottovalutata, non mancano. In Sicilia, ad esempio, da anni epidemiologi e pediatri denunciano l’incremento drammatico delle malformazioni neonatali nelle aree di Augusta e Gela, evidentemente connesse alle emissioni degli impianti petrolchimici ed alla diffusione in ambiente e catena alimentare di metalli pesanti e distruttori endocrini. 
I numeri sono veramente impressionanti. I dati del Centro Nascite di Augusta, ad esempio, dimostrano un incremento progressivo e continuo del numero dei nati con difetti congeniti: si passa infatti dall’ 1,5% degli anni ’80, a un 3% nei primi anni ’90, a un 3,5% nel ‘96-‘97-’98 e ad un eloquente 5,6% del 2000.

L’avvelenamento dei bambini rischia di diventare un fatto sistematico e progressivo: basti pensare che vari studi recenti, condotti in Europa e negli Stati Uniti, hanno rilevato la presenza di centinaia di molecole chimiche di sintesi, molte delle quali estremamente tossiche (mercurio e metalli pesanti in genere, ritardanti di fiamma, pesticidi, PCBs, diossine e altri endocrine disruptors) in placenta, nel sangue cordonale di centinaia di neonati.

Tutti queste cose divengono tragedie per gli uomini, drammi per le famiglie, angoscia per l’umanità distrutta che vive negli ospedali oncologici come in un girone dantesco. 

A nulla vale la rivalsa da parte dello Stato nei confronti dei Comuni che non abbiano concluso la bonifica delle discariche: il Comune di Monreale fa anche la sua parte con siti come quello di Zabia e si troverà a pagare 400.000 euro per l'anno 2015 e continuerà a pagare ulteriori € 200.000 per ogni successivo semestre di inadempienza.
In pratica i cittadini Monrealesi stanno iniziando a pagare 1.100 Euro  al giorno e continueranno a pagarli sino a quando la discarica di Zabia non risulterà tra quelle bonificate. 

Dopo un sopralluogo del Movimento Cinque Stelle  presso la suddetta discarica si è tenuto un incontro istituzionale, nella Sala Rossa del Comune di Monreale appeno lo scorso venerdì 12, alla presenza degli Assessori Granà e Taibi, del funzionario comunale Sig. Giacopelli, dell'Arch. Campisi (incaricato del progetto di messa in sicurezza della discarica) e del Sindaco Capizzi.
L’Amministrazione ha assicurato che ad Aprile 2016 dovrebbero partire i lavori per la messa in sicurezza di emergenza del sito e che entro la fine anno si può ipotizzarne la bonifica.

Questo è un tema che di certo sta a cuore a noi tutti, perché la politica deve dare una risposta immediata in merito alla cattiva gestione dei rifiuti, che non sono un mero fatto di folclore ma costituiscono un problema sociale, un costo per l’ambiente e un omicidio della popolazione. 

Ci domandiamo come sia possibile che dopo decenni di importanti studi epidemiologici ed eco-tossicologici,  non si riesca a prendere provvedimenti in qualche misura risolutivi e in grado di tutelare realmente i nostri figli da questa che rappresenta una minaccia concreta e mortale.
Quelli che vediamo sono i primi segni di una cosa che rischia di diventare, se non interverremo tempestivamente, con la drastica riduzione delle immissioni in atmosfera e in catena alimentare dei suddetti inquinanti, una vera e propria rivoluzione epidemica, che toccherà senza scampo  non solo le singole famiglie, ma l’intera popolazione locale, e l’intero ecosistema. 

giovedì 11 febbraio 2016

Quando il Duomo è Chiuso



Quando ci apprestiamo a viaggiare si cerca di capire cosa potranno scoprire i nostri sensi e dove ci guideranno i percorsi intrisi di monumenti e fatti urbani. 
Il viaggiatore di oggi è sempre più spesso interessato a farsi guidare da specifiche App da viaggio che da altri fattori e sembra che in questo sapere abbreviato e tecnologico sia a prevalere maggiormente la realtà virtuale al posto di quella concreta. 
Per non aprire poi il capitolo del turista da crociera perfetto animale da laboratorio assolutamente incapace di entrare nello spirito di una città.

Parafrasando Lévi-Strauss potermmo dire che ci sono città buone da mangiare e città buone da pensare e ci piace pensare che Monreale abbia entrambe le caratteristiche.

Monreale però non è un fatto storico circoscritto alla sua Cattedrale metropolita. Questa è la lettura riduttiva di chi non ha né il tempo né la voglia di capire cosa racchiuda la complessità delle sue vicende storiche e delle tracce dei suoi abitanti conservate più o meno bene.
Vi condurremo in un  breve percorso che non sia quello asettico di una guida da smartphone, perché pensiamo ostinatamente che sarà la curiosità a guidare lo sguardo e la scoperta.
Intanto chi arriva in città gode di quanto si è lasciato dietro e riesce ad avere la percezione reale del contatto con il mare proprio volgendo le spalle al Duomo: in quanto Palermo è una città che a tratti nega il contato visivo con il mare e con le vetta delle Eolie che ci salutano eteree…

Ma se trovassimo chiuso il Duomo e il Chiostro cosa potremmo visitare? 
Il sito nella sua articolazione possiede alcune importanti testimonianze dell’architettura del tardo medioevo tra cui l’ex Monastero dei Benedettini insediatisi per primi in una zona denominata Bulchar per espresso volere del re Guglielmo II.
E’ questo un edificio misurato nella sua partizione esterna quanto interna e in parte sarà asservito ad un museo multimediale che vedrà a breve la sua apertura. La sua importanza è nell’essere stata la sede di un progetto politico-religioso su un territorio che il Re fece crescere fino ad subordinare addirittura la diocesi di Catania a quella di Monreale. 

Oggi che appartiene in parte alla interessante Galleria Sciortino, conserva una bella “natività del Cristo” di Mathias Stomer e una grande e suggestiva tela di Pietro Novelli in cui S. Benedetto distribuisce la regola, o per altri storici, il pane ai poveri.
A nord di questo sito che si apre su ciò che resta della Conca d’Oro si trova il Palazzo Reale già ex Seminario arcivescovile sul cui fronte si leggono le tracce di bifore identiche a quelle del Dormitorio. 
Adiacente a questa architettura che si sviluppa lungo la via Arcivescovado si dipana uno dei quartieri storici che ormai è emblematico dell’urbanistica medievale e denominato Ciambra perché vissuto dai cortigiani di palazzo. Esso è insieme al Pozzillo la più antica traccia urbana con vie strette e tortuose dall’andamento disorganico, che racchiude spesso piccole corti interne quasi mutuando il carattere riscontrabile nella cultura araba.

Cercando la piccola fontana del Pozzillo troveremo un tranquillo quartiere in cui potremo gustare i biscotti della tradizione monrealese perché un artigiano si dedica ancora alla produzione di queste tipicità locali e risalendo verso il monte Caputo scorgeremo la piccola Chiesa di San Vito forse primo intervento di sacralizzazione del casale di Bulchar. Di origini normanne, probabilmente antecedente al Duomo, la chiesa ha subito attraverso i secoli diverse trasformazioni. Di buona fattura e  valore sono le statue lignee, i dipinti a olio e gli arredi sacri che adornano il suo interno neoclassico.
Sulle scalinate che conducono nella parte più sommitale del quartiere si può  scorgere ora un mulino o un forno a legna in cui si lavora a mano un pane saporitissimo dall’intenso profumo, a cui basta di un goccio di olio per somigliare a una singolare prelibatezza.  
Perdendosi tra queste viuzze si scorge la chiesa della Madonna dell’Orto eretta nel 1619 in un giardino dove esisteva una piccola cappella con l'immagine della Madonna.
A pianta rettangolare a tre navate, la Chiesa fu arricchita da numerose opere d'arte da parte di artisti che fra i quali Pietro Novelli con i quadri che raffigurano l'Angelo, le tre Sante Vergini (Cecilia, Agnese, Caterina d'Alessandria).
Riccamente decorata da una teoria di stucchi in perfetto stile barocco e il suo altare è circondato da cantorie in legno intagliato e finite con oro zecchino.

Vari arcivescovi dal prestigioso lignaggio hanno visto il loro insediarsi nella città e possiamo menzionare Giovanni Borgia (nipote del Card. Rodrigo Borgia) che fece costruire nel 1499 la chiesa di San Castrense, nota per gli stucchi del Serpotta.
Ma chi arriverà a questa meta non dovrà perdersi la vitalità stessa della città nella dimensione del cibo grasso, fritto, untuoso fatto di odori semplici quasi archetipici e non potrà fare a meno di tuffarsi nel caldo gusto delle tipiche crocché di patate fritte che fanno parte della grande cultura culinaria locale. 

Allo stesso modo il corso principale la via Pietro Novelli è il luogo di un mercato diffuso perché come dice Franco La Cecla “ il cibo di strada, i venditori di strada, i mercati di strada, sono dei volani potentissimi di economia” ma io aggiungerei che preservano il carattere e l’identità sociale dei luoghi e in questo tipo di dimensione il vero viaggiatore troverà  la cifra per capire di cosa vive la città di Monreale quando il Duomo è chiuso.

lunedì 2 novembre 2015

Innamorarsi di una città in cui vivere

Sul finire di ottobre il Sole 24 Ore titolava “Cultura, si torna a investire” io stesso ho sempre criticato, in questo spazio, un determinato tipo di scelte in grado di  svilire il patrimonio culturale e architettonico attribuendo alla cultura una funzione quasi miracolistica abbinata a una visione petrolifera secondo cui il patrimonio culturale generi una ricchezza. 
Ne faccio una questione di politica didattica e non di tipo governativo, quindi sin da ora esplicito la mia indifferenza nei confronti delle singole persone che non voglio attaccare, ma sono interessato all’agire amministrativo per la crescita della società.


Pier Luigi Sacco scrive che alle volte sembra poter “individuare una formula magica che renda questo possibile cioè: un modello di valorizzazione capace di generare ingenti profitti dallo sfruttamento turistico-commerciale del patrimonio”.
I manager monrealesi hanno allora usato questo metodo lavorativo per produrre plusvalenze economiche o i numeri di ricadute e vantaggi sono solo quelli citati da esperti che elaborano asettici piani di gestione economica?
Quale immagine ha prodotto questa amministrazione dal punto di vista culturale e turistico? Pochi eventi (SS. Crocifisso, Settimana di Musica Sacra, Festival Organistico di San Martino)  lanciano la città sulla ribalta regionale, per il resto il nulla cala su questa cittadina dormitorio abbandonata. 

 


Pare, pertanto, che non si  riesca a coordinare validamente le energie degli operatori locali per portare profitto in seguito alle manifestazioni organizzate e che richiedono un investimento sul fronte turistico non esclusivamente in senso economico.
Ad oggi possiamo ben dire che non si rintracci una linea guida e alla luce delle inverosimili occasioni mancate non ritengo ce ne sia una.
Se dobbiamo “fare parlare i fatti” allora - per esempio - noto con disappunto l’assenza del logo della città di Monreale  a indicare il patrocinio della Borsa del Turismo delle Religioni di cui tanto si sta parlando in questi giorni. 
Cosa significa tangibilmente per le amministrazioni passate e presenti - oltre i proclami di buoni intenti - fare cultura e soprattutto generare economia? 

Smettiamola allora di atteggiarci a città della Cultura e di fregiarci del titolo di città del Mosaico, sono due cose che non siamo in grado di mettere a sistema e di valorizzare.
Riprova ne sia qualora si faccia visita ai laboratori  degli artigiani che contano unicamente sulle loro forze per emergere e farsi spazio nella vita reale del mercato e soprattutto per quanto poco si produca all’interno dell’Istituto Statale di Arte per il Mosaico slegato sempre più da un contesto pittorico musivo che si delinei con eventi e interazioni sul territorio. 
Se avessimo un conservatorio sarebbe normale pensare di sfornare talenti artistici che diffondano la cultura musicale e che si affermino nel panorama artistico. 
Di contro noi quanti giovani mosaicisti validi abbiamo prodotto? Quanto dibattito si realizza intorno questa tecnica, ma soprattutto quanto arriva alla gente fuori le mura della cittadina normanna? 
Da decenni non abbiamo un cinema, un teatro… che significa tutto questo per voi? I
o lo chiamerei semplicemente degrado, incuria, negligenza e se non ne sentite il bisogno è ancora peggio. 
Ravvedo l’incedere di una cultura barbarica come quella abbondantemente tratteggiata da Alessandro Baricco in un suo saggio: al calo di qualità si sopperisce con le quantità, si sbaglia quando si cerca di soddisfare bisogni e non li si crea. 
Chi dovrebbe intervenire per arginare queste criticità? A mio avviso oltre alle Scuole anche i politici dovrebbero ipotizzare strade da percorrere con azioni concrete che pongano le basi per un rinnovamento in grado di  stimolare imprenditorialità e creatività. Non voglio essere solo polemico, ma non voglio nemmeno fornire le mie personali soluzioni per non offendere l’intelligenza di chi ha trovato ampio consenso di voti. 



Ancora oggi l’associazione Turismo Monreale si pone il problema di un turismo mordi e fuggi. Ritengo invece che siamo mortificati dalla incapacità di  pensare, generare, strutturare dei circuiti culturali, di intrattenimento, di relazione, di emozione, di pellegrinaggio, di attrattività in senso lato capaci di  trasformare l’offerta stessa e attrarre con proposte appetibili “altro tipo di viaggiatori” non legati al bus e al circuito delle crociere. 
Faccio del Turismo una questione nodale perché ovviamente essa è legata profondamente alla economia attuale e futura che si può delineare a breve e medio termine 

Qui abbiamo seri problemi, anche e solo, nell’approccio lessicale e concettuale, nella filosofia e impostazione del “problem solving”. Vogliamo un turista diverso? è ovvio che bisogna profilare una offerta diversa e ad alto valore aggiunto però sino ad ora ben poco di tutto questo viene fuori.
Ci voleva la Arcidiocesi di Monreale per capire che una delle strade di rilancio sia quella del turismo religioso (Lourdes, Assisi Medjugorie… docet).

La sensazione è che ci siano persone  per nulla innamorate della propria città. Esse si profilano con una visione provinciale, mediocre, fatta di beghe, ricattucci, ripicche, faziosità che uccidono la città e il suo popolo (quello stesso che poi versa 1400 euro pro capite per foraggiare le loro poltrone). Non vorrei pensare come Hobbes secondo cui la condizione dell'uomo é una condizione di guerra di ciascuno contro ogni altro. Loro si linciano, surfano sulla cultura, senza mai scendere in profondità dove c’è fatica e lavoro. 

La loro immagine viene propagandata ostinatamente da produzioni video caricaturali e degne della repubblica delle banane e pare di ritrovarvi il gusto piacione della notorietà tout-court. 
Ma non trovo nemmeno la capacità di adottare degli slogan felici per rappresentarsi.  Si va avanti per emergenze e che ben venga a questo punto un privato nel gestire il Complesso Guglielmo così lasceremo spazio a criteri valutativi numerici imparziali e fallimenti o successi saranno unicamente imputabili ad altri. 
Non penso sia nemmeno una questione riconducibile a una maggioranza opposta alla avversa fazione politica, quanto invece una istanza intrinseca di “comune ricerca del profitto” per innalzare la qualità di vita del cittadino. Ovvia mi appare la necessità del confronto, del dibattito e del rapporto democratico, ma potrebbe darsi che voci minoritarie alle volte riescano ad esprimere il buon senso del pater familias e abbiano la solidità dell’esperienza che non trova il potere prevaricatore del numero.




Studiare, cercare, applicarsi  è la ricetta: ma è dolorosa e il barbaro la rifugge e se peraltro non hai le basi culturali adeguate, il decidere in velocità porta ad errori e ad imprecisioni. Superficie al posto di Profondità (dice Baricco) cercare dal verbo greco “Kirkos” rimanda all’idea di cerchio, un itinerario in rotazione tipico di chi perde qualcosa e con tanta pazienza lo vuole ritrovare, ma Monreale è destinata a navigare sull’onda altrui. 

venerdì 21 agosto 2015

Quale Museo e quale gestione? Una opportunità o un affare di pochi?

Sono davvero curioso di sapere cosa accadrà negli anni futuri quando avremo il completo funzionamento di questo nuovo museo all’interno del Complesso Guglielmo.

Il Percorso espositivo con gli scrigni - Che cosa ci racconterà?


A mio avviso troppi progettisti si sono susseguiti e troppi interventi hanno sensibilmente manomesso la spazialità interna di questo “contenitore” piegandola alle nuove e più contemporanee funzionalità, in barba a tutti i canoni del Restauro. Sono certo che anche stavolta (alla luce dell’esiguo carteggio a disposizione) vedremo un prodotto che attirerà molti strali.

Il progetto funzionale del Complesso Museale di Monreale (PA)


Intanto mi domando se verranno utilizzate le enormi strutture impiantistiche abbandonate sotto l’Antivilla e delle quali nessuno conosce perfettamente il funzionamento. Rifletto sul posizionamento finale della Galleria Sciortino e della donazione Posabella, come sulla sua integrazione nell’intero circuito museale. Non per ultimo mi preoccupano le capacità gestionali della ipotetica società che curerà il bene monumentale. Sono più che certo che alla lunga inizieranno pesanti diatribe e recriminazioni sulla redditività del museo che non staccherà il giusto numero di biglietti per garantire personale e investimenti.



Ancora prima di arrivare a tale genere di problemi, occorre intervenire leggendo già gli attuali fenomeni in atto e svegliarsi nel comprendere la necessità di collegamenti a rete nell’offerta culturale globale, nella attrattività stessa che oggi la Galleria riesce a esprimere, nei collegamenti fisici tra Monreale e Palermo. 
A chi si chiede cosa bisogna fare quando non ci sono fondi si potrebbe rispondere con i fatti, ma c’è da dire che un politico non ama mai i tecnici e gli esperti, perché lavorano secondo la logica precipua e rigorosa del profitto culturale. Io mi metterei in gioco semplicemente mutuando il principio teorizzato e applicato in logiche industriali: Impegnarsi sul fronte della Qualità Totale. Un principio di certo estraneo ai miei amici assessori della cittadina normanna, amanti della presenza video di memoria wharoliana e che si sottopongono a produzioni “alla Frank Capra de noialtri”.

Assolutamente impensabile perché non trovo giustificazioni ad una strategia comunicativa paleolitica da “super8” adatta forse per un sottocanale di Youtube realizzato da tredicenni glabri. Di che parlo allora? E’ una filosofia che scardina la logica dei vetusti ordinamenti militari prussiani con decisioni a cascata. 

Razionalizzare, ancora per molti, equivale a disciplinare, gestire sembra sinonimo di sorvegliare. Le direttrici sarebbero autogenerate nel tentare di agevolare in primo luogo il flusso verso il “servizio” sia nel senso fisico, che per la curiosità dell’offerta culturale proposta (si spera improntata verso una rigenerazione della forma comunicativa).

L’ipotetico responsabile al tavolo di regia dovrebbe sforzarsi di capire la reale incidenza dei servizi offerti sull’ambiente circostante, sulla vita quotidiana della città, le relazioni che verrebbero generate e le percezioni che saremmo in grado di generare e in funzione di tutto ciò elaborare vere e proprie strategie “produttive” o di offerta. 
Componente fondamentale sarà quella umana, del personale all’interno della struttura, il quale dovrebbe pensare sempre in termini di sfida quotidiana a medio e lungo termine. 
Un po' come si fa dentro grandi aziende come Google, mai statiche, ma che elaborano in continuazione in uno scenario interno creativo e di febbricitante di novità. Ricercare prima e sviluppare poi le “competenze” (skills) del personale da occupare in una sede di lavoro di questo genere è importante. Operando soprattutto secondo una strettissima logica meritocratica e curricolare. 

L’approccio a una Qualità Totale avrebbe due aspetti fondamentali: da un lato il fronte della produttività, fornendo un servizio ritagliato sul target medio (opportunamente profilato) e dall’altro la capacità adeguata per essere in grado di offrire una esperienza emozionale di qualità.
Io ho le idee chiare, non sarebbe facile, ma almeno ho una precisa strada da seguire, certo che i risultati potrebbero essere tangibili efficaci e misurabili nelle fruttuose ricadute per l’intera cittadina.


Il precorso della narrazione museale


venerdì 7 agosto 2015

Cura e mantenimento dei Beni Culturali

Ci siamo chiesti più volte in seno alla nostra Redazione del perché portare avanti determinate cause e della validità delle nostre tesi, per tale ragione oggi non stilerò un articolo di indignazione ma un “bignami”, una sintesi riduttiva in cui cercherò di argomentare una tesi: perché chiudere il perimetro intorno al Duomo, al complesso Guglielmo e alle piazze è un dovere sociale, un fatto storico, una necessità e una istanza di vivibilità generale.


A primo acchito potrebbe sembrare una provocazione, ma non lo è: potreste pensare che siamo dei retrogradi conservatori che con cieca ostinazione rifiutano di vivere una città del terzo millennio, ma non è così. La storia - e le architetture che parlano di essa - merita rispetto, chiede cura, riverenza, lentezza.

Ma quanti di noi, spostandosi dal Duomo verso la piazza, si sforzano di immedesimarsi nello spazio in cui ci si muove, chi riesce ad immaginare quale fosse il tipo di vita all’epoca della fondazione della prestigiosa basilica e la dimensione urbana intorno al complesso benedettino?
Vivevano dei monaci, poche maestranze e uno sparuto gruppo di persone, lo spostamento per i sentieri in terra battuta era di certo segnato con modello urbano imponente ma ad una dimensione molto umana direi quasi del tutto contemplativa.

Qui il mio disappunto: che rispetto abbiamo oggi di questo lascito?

Viceversa oggi troviamo schiere di persone pronte ad imbracciare un fucile se gli si imbratta il muro di casa, ma se poi a livello generale “tutti” contribuiamo al degrado del Comune Bene chi sarebbe pronto a fare fuoco?

Il concetto equivale a fare la rappresentazione del cittadino medio di oggi: abbiamo gente che deve scorrere veloce su tutto, depredando immagini con azioni che non si chiamano più foto, ma selfie, cibandosi di patatine congelate e non di crocchè e panelle in stile street food siciliano, invece questi spazi gridano silenzi, lentezze, hanno dentro millenari racconti, sono scrigni in cui la luce è guida dello spirito. Sono le stesse ragioni per le quali la gente ascolta la musica “truzza” e non vuole più fermarsi a cercare di capire la musica più antica. Cercare non è più un piacere, non si vuole più pazientare, né tantomeno faticare e tutto ciò che impedisce questo è assolutamente secondario.

Sono pensieri del genere che ci fanno mettere le cartucce a pallettoni su queste pagine.

Altri ricordi vagano per la mente: a chi serve tutto il lavoro fatto dall’architetto Girolamo Naselli Flores e da Maria Andaloro?
Non posso dimenticare quante volte proprio l’architetto Naselli profetizzasse ostinatamente che lo scavo della cripta sotto la Sala San Placido stesse danneggiando l’assetto del Chiostro adiacente e dopo la sua morte infatti le arcate dovettero essere puntellate.
Adesso il gioco si fa duro, perché guardiamo ai manuali di chimica per arrivare ad altre affermazioni giusto perché è con un pò di fatica che vi farò arrivare alla pedonalizzazione della città.

La prima affermazione è banale: il duomo è realizzato con delle “pietre”. Tali elementi lapidei immobili, indifesi non reagiscono al mutare delle condizioni esterne perché non sono esseri umani che si riparano dagli eventi atmosferici. Cosa accade però nell’atmosfera di un microclima cittadino attraversato da auto e non più da cavalli e carretti? Di seguito vi elenco pedissequamente solo pochi dei tanti fenomeni di degrado rilevabili nei nostri monumenti.
Intanto andiamo incontro ad una progressiva azione di Solfatazione delle rocce.
L’anidride solforosa esistente nell’atmosfera si ossida trasformandosi in anidride solforica, che con acqua piovana dà acido solforico, secondo la seguente reazione:
SO2 + O  = SO3   SO3 + H2O   = H2SO4
In presenza di calcare si ha la rapida fissazione dell’anidride nelle pietre in presenza di catalizzatori (polvere, carbone, ossidi di vanadio e ferro, ecc) o anche di veicoli biologici, che sono sempre presenti nelle croste delle pietre e nello smog.
L’acido solforico attacca i calcari trasformandoli in solfati, cioè in gesso, quindi in un prodotto solubile, secondo la reazione:
H2SO4 + CaCO3     CaSO4 + H2O + CO2
Detto in parole molto semplici il “marmo diventa gesso”. 


Nelle pietre ciò si rileva per il distacco di scaglie giallastre dalle superfici lapidee, dovute all’aumento di volume del gesso bagnato; la caduta di tali scaglie rivela ampi crateri ben visibili e se guardaste con attenzione rischiereste di notare parecchi fenomeni di questo tipo.
Avete idea di quanto marmo sia presente nel Duomo? E nel Chiostro?

Un processo di carbonatazione dei materiali avviene tramite l’azione dell’acido carbonico, ottenuto dalla combinazione di acqua e anidride carbonica: CO2 + H2O  H2CO3.
Si tratta di un acido debole, ad azione lenta, che solubilizza il materiale calcareo attraverso la reazione: CaCO3 + H2CO3  =  Ca (HCO3)2 , dove il carbonato di calcio, combinato con l’acido carbonico, dà luogo al bicarbonato di calcio, solubile in acqua.

Tradotto in parole più semplici le pietre diventano Bicarbonato come quello che utilizzate a casa per curare il bruciore di stomaco!

La presenza di acqua acida è responsabile anche dell’alterazione dei materiali silicatici (pietre arenarie, tufi vulcanici, graniti, vetro e componenti silicatici dei materiali artificiali). Le reazioni attivate conducono alla solubizzazione o alla cosiddetta “argillificazione” e avvengono mediante la sostituzione degli ioni di idrogeno, contenuti nell’acqua acida, con ioni che fanno parte del reticolo cristallino del materiale, ad esempio ioni potassio o sodio.
Per non parlare del lungo elenco delle alterazioni fisiche che si attuano mediante sforzi di carico e sollecitazioni, anche a livello molecolare. Spesso si presentano delle tensioni da carico con deformazioni piùo meno reversibili sino ad arrivare alla rottura dell’elemento sollecitato.

La gelività e i relativi fenomeni di variazione di volume che accompagnano il passaggio di stato da liquido a solido provocano notevoli danni e degradi.
La stessa acqua già inquinata che entra nell’elemento lapideo provoca la formazione di una soluzione liquida in cui i sali vengono condotti dall’esterno all’interno del materiale. La conseguente evaporazione consente la cristallizzazione di questi sali e il danneggiamento del materiale. 
Gli effetti dovuti alla cristallizzazione si diversificano in funzione della velocità di evaporazione dell’acqua; se questa è superiore alla velocità migratoria della soluzione entro il materiale, la cristallizzazione avverrà all’interno del muro e produrrà tensioni sulle pareti dei pori (subflorescenza). Se invece l’acqua evapora più lentamente e la soluzione ha la possibilitàdi risalire in superficie, la cristallizzazione dei sali apporterà unicamente danni di tipo estetico (efflorescenza). La crescita di volume dei cristalli in senso parallelo alla parete comporterà il distacco del materiale, in senso ortogonale provocherà fenomeni di corrugamento superficiale.

Un altro effetto molto negativo e comune alla maggior parte delle strutture architettoniche, soprattutto, in ambiente urbano è dovuto alla presenza di volatili apparentemente innocui. Il guano prodotto dagli uccelli è infatti una fonte di sali solubili molto pericolosi, soprattutto nitrati, e costituisce con la sua parte organica un ottimo substrato per lo sviluppo di funghi e batteri. A questi effetti dannosi di tipo chimico, biologico, va aggiunto il danno estetico prodotto dalla presenza del guano, che certo non è meno importante dei precedenti.
Dobbiamo dunque temere la perdita netta di materiale definita “erosione”, che si verifica soprattutto nelle zone esposte all’azione dilavante della pioggia, “l’annerimento” o sporcamento determinato dal deposito delle particelle carboniose sulla superficie dei nostri monumenti, che si verifica invece nelle zone protette dalla pioggia e altresì paventare “lo stress fisico” (determinato da fattori climatici e microclimatici), unito alle vibrazioni trasmesse dal costante e intenso traffico veicolare.

Ad oggi non possiamo determinare correttamente l’influenza del particolato sullo stato di conservazione del nostro Patrimonio Unesco, al fine di avere elementi utili bisognerebbe conoscere i dati di concentrazione degli inquinanti, la loro composizione chimica. 
La comprensione dei meccanismi di deposizione del particolato si basa inoltre sulla conoscenza dei parametri termoigrometrici, che permette di valutare quello che viene definito l’indice di stress fisico, che tiene conto dell’interazione termica e dell’umidità tra ambiente e materiale.

Lo sporcamento dipende anche dal contenuto di acqua negli strati superficiali del materiale; infatti, esso favorisce l’aumento dell’efficienza di cattura da parte di una superficie bagnata, causando un maggiore deposito degli inquinanti presenti in atmosfera.
Potevo continuare impinguando questa dissertazione con vari trattati, ma vi rimanderò alla breve bibliografia di supporto cui ho fatto riferimento per la parte più scientifica e di approccio metodologico.

Le considerazioni finali vanno a individuare la tematica centrale di partenza secondo cui non è sostenibile un approccio alla molteplicità monumentale, espressa dalle emergenze architettoniche, sulla base di un saccheggio continuo e di un uso indiscriminato degli spazi. Per tutta la serie di motivazioni inerenti il rischio continuo e incessante dovute all’aggressione chimica di cui sopra, e in secondo luogo perché è necessario cercare di imporre uno stile di vita in cui i monumenti siano occasione di progettualità e non di malintesa urbanistica.


Qui ci si improvvisa, circondati da politicanti troppo provinciali e non da politici, nel rabberciare soluzioni e nel dimostrare una profonda immensa inadeguatezza culturale.
Bisogna leggere la città segmentando i livelli di analisi dal piccolo elemento a quello più macroscopico e complesso, si dovrebbe agire in considerazione della unicità e della irripetibilità dei temi che si presentano, proponendo un restauro urbano, urbanistico e ambientale diretti al fine della conservazione dei valori culturali presenti.

Salvatore Boscarino parla di intervenire nei centri storici secondo logiche non dettate da pure economie di profitto (uso privato e irrispettoso di qualunque natura), ma vede “necessaria la ricerca di condizioni non tecnocratiche o industrializzate, indirizzate su una scala di interventi di piccola dimensione da perseguire possibilmente con la presenza degli abitanti”.
Ci suggerisce in pratica di ridefinire il rapporto con la storia partendo dalla scala di quartiere per arrivare a quella più grande, cercando il consenso della popolazione, perchési possa guadagnare una dimensione urbana e storica ormai dimenticata.

Eliminare totalmente il traffico auto equivale a preservare la caratteristica delle architetture esistenti, significa riconoscere l’istanza estetica che corrisponde al fatto basilare dell’essere “opera d’arte”, per cui il monumento viene riconosciuto tale e il preservare la fisicità dei beni garantisce la loro trasmissione al futuro.

Il valore storico di un monumento è tanto più alto quanto più si apprezza il grado in cui si manifesta lo stato originale e concluso del monumento o in questo caso del complesso urbano, pertanto: se la mèta è la conservazione ne consegue che una Amministrazione seria non possa consentire che i taxi passino sotto l’Arco degli Angeli, che le piazze siano il raduno serale dell’automobil club e della chincaglieria turistica, ciò equivarrebbe a vandalizzare l’immagine del Cristo Pantocratore.

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