venerdì 12 giugno 2015

Il Duomo Sfregiato e il problema degli interventi conservativi


Francesco Gandini  in “Viaggi in Italia”pubblicato già a Cremona nel 1835 ci narra parlando del Cattedrale di Monreale che “un accidentale incendio consumò agli 8 dicembre del 1811 una parte del Duomo  che a grandi spese è già stata rifatta; i travi caduti piombarono sopra i due sepolcri, uno in porfido rosso di Guglielmo I e l’altro in marmo di Guglielmo II;…”
Che diranno le Guide di domani? E che riporteranno in merito all’accaduto?
La furia dei fulmini si è abbattuta sulla lanterna della cupola absidale e ha divelto l’elemento sommitale che si è piombato sulla strada causando danni fortunatamente solo a cose.
Eppure questa volta non c’è stato l’intervento di un sindaco allertato dalla Protezione Civile o dai Prefetti allarmato da una probabile “Allerta Meteo”
Già dal basso si poteva apprezzare, a tempesta avvenuta, che il manto di copertura non era particolarmente danneggiato ma più che altro si tratta di un piccolo sfregio al volto del nostro Duomo.
La copertura della lanterna pertanto potrà essere ripristinata con un intervento semplice, non troppo oneroso, con modesta attenzione.
Inoltre lavorando secondo il principio della “anastilosi” alla  Giovannoni, si potrà ricostruire anche la sfera lapidea che svettava all’apice grazie al recupero delle parti ritrovate lungo la via arcivescovado e raccolte dalle maestranze della Fabbriceria.
Non c’è stato innesco e propagazione di fiamme come nel 1811, ma evidentemente le forti vibrazioni sonore (tuoni)  hanno innescato un processo di riverbero acustico all’interno del catino absidale generando il distacco di qualche tessera musiva.
Quest’ultimo episodio ovviamente non compromette l’integrità dell’insieme, ma potrebbe pregiudicare la solidità dell’intero rivestimento poiché per l’appunto si parla di “patto sodale” tra le piccole parti vetrose tenute sul muro da una vecchia malta peraltro spesso poco coerente e umidiccia.
Se non ricordo male era la fine degli anni ottanta quando si lavorava al mantenimento del tessuto musivo e sotto la gestione dell’Arcivescovo Cassisa arrivarono i fondi per il restauro delle travi lignee e per la disinfestazione delle colonie di termiti che operavano un attacco xilofago alle parti in legno.
Aspettiamo con ansia che l’occhio della Soprintendenza ai Beni Culturali volga a noi il suo benevolo sguardo e che, allarmata, si attivi per una concreta azione di analisi e manutenzione.
Non per ultimo, questo evento, dovrebbe fare oltremodo riflettere su un  Patrimonio  costituito da una serie di emergenze storiche molto trascurate e in vero stato di abbandono in quanto prive di manutenzione e di semplice cura.
Madonna dell'Orto - Monreale (PA)

Penso alla chiesa dell’Odigitria o  alla chiesa della Madona dell’Orto per citarne solo due, ma non vorrei nemmeno vedere restauri in grado di annullare le tracce della tanto ricercata “patina dell’antico” (cfr. Morris e Brandi per citare due scuole di pensiero)
Registro delle aberrazioni  progettuali quando ancora nel 2015 devo vedere apposta sulla tavolatura in legno dei tetti di edifici ecclesiastici guaine bituminose che ostacolano il normale flusso igrometrico a causa della assoluta incapacità di saper scegliere a livello progettuale quali materiali riescano a garantire la vita degli elementi lignei.guainaIl problema della condensazione del vapor d’acqua, sia che avvenga sulle superfici delle strutture, sia che avvenga all’interno delle stesse, rappresenta un rischio sotto un duplice aspetto: quello legato alla conservazione delle strutture e quello legato alla salubrità degli ambienti.
Non è raro infatti imbattersi nella formazione di muffe, o assistere alla disgregazione di intonaci e murature proprio a causa dei fenomeni suddetti, pertanto non sto qui a sottolineare quanto degrado si possa provocare in ambienti di pregio storico in cui il danno diviene irreversibile.
Allo stesso modo non mi piacerebbe trovare - a ponteggi smontati - accostamenti cromatici inventati e posticci che urlano sia per l’impiego di materie prime troppo contemporanee che per l’improvvida esperienza di maestranze poco avvezze alla sacralità del restauro.

domenica 7 giugno 2015

Dammi un motivo per dire che sbaglio

La mercificazione del patrimonio culturale


La trasformabilità delle aree urbane è sotto gli occhi di tutti, negli ultimi anni di questa lunga pesante crisi, molti assetti sono cambiati in modo macroscopico, e nuove spinte si fanno spazio. Le desiderabilità sociali e le praticabilità ambientali sono frutto di vere e proprie spinte che hanno alla base riflessioni sullo sviluppo sostenibile maturate ormai livello mondiale 

Durante l’intervista della scorsa settimana con il Prof. Maurizio Carta  abbiamo concentrato la nostra attenzione su come agire, mediante una lettura serena, sui processi di riqualificazione del turismo come una delle principali leve della ricrescita e riqualificazione del nostro vasto territorio.

Alle volte pare difficile abbandonare una posizione di potere per uno stato inferiore di umiltà relativa. L’incapacità di guardare ad un fenomeno territoriale più ampio non conduce verso una elaborazione di una possibile alternativa (basti pensare alla parole di Rem Koolhaas). La crisi della città parte dal fatto che non dobbiamo farci ammaliare dagli strascichi di pensieri alla Derida: secondo cui non possiamo essere Tutto,  alla Baudrillard: per il quale non siamo Reali,  o farci imprigionare nel pressappochismo liquido di Bauman.
Se questa classe politica vuole, insieme a noi tutti, promuovere una reale ricrescita, una nuova era economica e socio-culturale, deve interpretare una nuova semantizzazione dell’ambiente e della città lasciando da parte i fantasmi di ordine o onnipotenza. 

I processi da agevolare sono quelli basati su forme economiche efficienti che si riconfigurino partendo da nuove e molteplici istanze di mercato in modo più complesso. Non è necessario inventarsi nuovi prodotti/servizi - siamo in un mercato saturo - ma offerte, che inseriscano nelle vecchie forme strutturali private e magari cooperativistiche, accoglienze sostenibili, in rete e architettate in una nuova veste. 
In fondo è la formula vincente di Steve Jobs quella cioè di far trovare in un solo apparecchio più servizi in contemporanea facendo funzionare tutto al meglio.  

Il problema delle aree da riqualificare e dell’edilizia si risolve spesso con interventi puntuali e  mirati ma soprattutto ripristinando in modo diverso. E’ tempo di cambiare l’approccio di base è il momento di “concretizzare” piuttosto che chiacchierare.
Possiamo ripartire ad esempio dal fenomeno della edilizia in legno, riconvertendo le maestranze verso un approccio più biosostenibile e compatibile, che incontri la domanda sempre più articolata e qualitativamente specifica. 

Alla luce della tavola rotonda sulle nuove frontiere del turismo esperenziale tenutasi di recente a Cefalù come però di tanti altri eventi del genere, non si legge un vero e proprio cambiamento di rotta.

Aleggia semmai imperante la logica di un  patrimonio da “sfruttare” a piene mani. 
Mentre negli Stati Uniti si impiega il denaro per creare cultura, nell’idea locale e tipicamente italiana si deve “bruciare la cultura” per creare denaro. 

Se il mio politico non lo capisse ( e qui il J’accuse è lampante) intendo indignarmi una volta per tutte per gli scempi che consentiamo nella nostra città. 
E’ inaccettabile, per l’agire politico, pensare  di non risolvere la problematica dell’aggressione perpetrata dagli “interessi privati” a quanto costituisce lo spazio pubblico e il sistema monumentale e territoriale tutto. 
Tu Signor Sindaco, tu Signor Assessore all’Urbanistica, Signor Assessore ai Beni Culturali siete chiamati in causa: pensate certamente - guardando in TV immagini disgustose - che sia uno scempio fare arrivare le Grandi Navi dentro la laguna di Venezia, ma cosa pensate di fare avallando le scorribande dei taxi attraverso le adiacenze storiche del Duomo? Quello stesso monumento che volete elevare a Bene da proteggere come Patrimonio dell’umanità?
Che umanità volete trasmettere alle generazioni future lasciando sostare le grigie scatole di souvenir di giorno in piazza e la notte dentro il complesso monumentale?
Dobbiamo sostenere i piccoli commercianti? No scusate. Oggi il turista non compra perché nel bagaglio low cost ci sta una maglietta e un jeans. Il commerciante di souvenir forse deve pensare a ricollocarsi nel mercato in modo diverso, vendendo materiale  di qualità con guadagni ben più remunerativi e non chincaglieria cinese. 
Oggi così facendo consentiamo un accattonaggio 2.0. 
State mercificando il patrimonio storico così come il patrimonio ecclesiastico fu saccheggiato e quasi vilipeso con un marketing dozzinale da un noto marchio di moda a uso e consumo di vestitini pacchiani e maglieria intima.
“Siamo certi di sapere chi valorizza cosa? Sono davvero questi privati a valorizzare il il Patrimonio? O non è il Patrimonio che valorizza i loro bilanci?” Se fosse valida la prima ipotesi dovrebbero omaggiare gratuitamente delle t-shirt con la scritta I Love Monreale e avremmo un ipotetico riscontro per la città. Invece è la scritta che consente al mercante di realizzare guadagni, perché il brand è “Monreale”.
Tomaso Montanari infatti sostiene la necessità di “parametrare le sedicenti verità sui privati con la misura della Costituzione (di certo una grammatica nota al mio Sindaco) perché l’Art. 9 ha spaccato in due la Storia dell’Arte. La Repubblica tutela il Patrimonio per promuovere lo sviluppo della Cultura… e questo serve al pieno sviluppo della persona umana e alla realizzazione di una uguaglianza sostanziale (Art. 3)”.
Mi aspetto confronti seri e e serrati su queste tematiche e non beghe sugli aspiranti nuovi assessori che sgambettano e “inciuciano” per accaparrarsi spazi di notorietà sulla ribalta politica di una povera città. 
Io non ho assolutamente nulla contro i piccoli commercianti legati a questo povero turismo (tanto non cambierà nulla tranquilli) è una questione di merito sulle logiche perdenti attivate intorno al sistema dei valori comuni. 
Voglio sentire la pulsione della linfa del cambiamento tanto sbandierata durante le fasi della campagna elettorale e sempre troppo presto accantonata. 
Le piccolezze umane mi interessano poco, perché registro invece mediocrità culturale, incapacità a mettere su tavoli di lavoro per la ricerca di soluzioni in modo moderno e aziendale. 

Non c’è intraprendenza amministrativa anche perché troppo inibita da pulsioni di apparati centripeti piegati a risolvere beghe interne causate da vetuste lotte intestinali sconcertanti.